Arricchirsi non costa niente

lunedì 4 aprile 2016

Metamorfosi del vocabolario



Come nasce la creazione linguistica, cosa muove la fantasia creatrice di una comunità linguistica e quali sono le ragioni per cui quest'ultima accetta un'invenzione? 

Come nascano, si affermino e muoiano o resistano ai mutamenti della società le unità fraseologiche è questione che riguarda tanto la storia della lingua quanto la sociolinguistica; sono oggetto di studio anche da parte dei sociologi della comunicazione, con particolare riferimento alle strategie comunicative che ricorrono alla semantica metaforica per costruire una propria retorica.  Ma nella maggior parte dei casi la ricerca dell’origine delle locuzioni è un periplo che ha per punto d’arrivo l’aneddoto o la spiegazione poco scientifica. Per lo studio specifico di ogni locuzione bisognerebbe tener conto del fenomeno dell’etimologia popolare e della trasformazione semantica.



Una delle cause dell'accettazione di un'invenzione linguistica è il tabù linguistico: paura, rispetto e pudore danno vita a locuzioni sostitutive. Si evitano parole per timore di eventi o esseri soprannaturali, per rispetto nel trattare il tema della morte, per pudore nel trattare il sesso o certe funzioni fisiologiche.

Invitano ad un linguaggio meno diretto anche cause di carattere emotivo e sociale: il ricorso a perifrasi ammortizza espressioni troppo forti del parlante, considerate poco cortesi o di connotazioni potenzialmente offensive o indecenti. “Metido en carne” invece di “gordo” è una locuzione che sostituisce un aggettivo che potrebbe considerarsi poco cortese; “quedarse como un pajarito”, “lasciarci le penne”, “andare all'altro mondo” evitano di parlare di morte; tolgono dall'impaccio di pronunciare i nomi di certe parti del corpo o di certe funzioni corporali locuzioni come “ir de cuerpo” (andare di corpo) o “cambiare la peseta” (vomitare).



Molte locuzioni si originano nel linguaggio giuridico, in quello sportivo, nel gergo dei cacciatori ecc. La locuzione “cortar la cabeza al toro” (tagliare la testa al toro) nasce dall’antica usanza di compiere quest’operazione alla fine della caccia ed è andata assumendo poi un nuovo significato metaforico. L’espressione “in bocca al lupo”, utilizzata oggi come formula di augurio in varie occasioni della vita quotidiana, era originariamente solo un’espressione di buona fortuna per il cacciatore. Sempre dal gergo della cinegetica deriva in spagnolo l’espressione “hacer a pelo y pluma” (essere di bocca buona) con cui si alludeva al cane che caccia sia volatili che animali col pelo. Dalla tauromachia provengono espressioni come “parar los pies” (richiamare all’ordine), “tener mano izquierda” (saperci fare), con cui originariamente si alludeva al valore che doveva avere l’espada per maneggiare la muleta con la mano sinistra.



Se osserviamo le diverse fonti dalle quali provengono queste unità fraseologiche, possiamo vedere che sono strettamente legate alla vita dell’uomo, ai suoi sentimenti, alle reazioni a quanto lo circonda, alle cose materiali intorno a lui, alla natura, all’ambiente, ai rapporti sociali. Chiudere un occhio; ficcare il naso nei fatti altrui; avere le mani bucate; stare con le mani in mano; voler raddrizzar le gambe ai cani; fare il passo secondo la gamba; pendere dalle labbra di qcn. ecc. Non pochi modi di dire sono legati al mondo degli animali: muto come un pesce; aver l'occhio di lince; essere sfortunato come un cane in chiesa; solo come un cane; freddo cane; avere un cervello di gallina; andare in bocca al lupo; tempo da lupi; essere la pecora nera; conoscere le proprie pecore; essere il cavallo di battaglia di qcn.; cavallo di ritorno; cavallo di San Francesco ecc.

Un numero discreto dei modi di dire è legato alle Sacre Scritture: aspettare la manna dal cielo; essere una voce nel deserto; fare la visita delle sette chiese; mandare da Erode a Pilato; essere il quinto evangelista; mescolare ebrei e samaritani; tornare all’ovile; essere il figliol prodigo; lavarsene le mani; essere sepolcri imbiancati ecc. Certi dire provengono dal linguaggio della chiesa: messa greca; messa delle palme; non andare né a messa né a predica; cantare messa; togliere la messa a qcn.; noioso come un libro da messa; più lungo della messa cantata; essere come la messa del venerdì santo; fare come le campane che chiamano alla messa e non entrano mai in chiesa; avere voce in capitolo ecc.

Un posto importante spetta ai modi di dire legati alla storia d’Italia, alla vita politica e religiosa, alla storia di Roma antica: andare a Canossa; fare la politica del carciofo; mangiare quel che passa il convento; domandare se San Cristoforo fu nano; parlare male di Garibaldi; farsela come i barbieri; raccogliere broccoli; dare (avere) il resto del carlino; fare il portoghese; andare a piantar cavoli; piantare un chiodo; appendere al chiodo qcn.; darsi agli ozi di Capua; tagliare un nodo gordiano ecc. o alla storia moderna (fare un autodafé  - condannare libri al rogo come faceva l'Inquisizione -). Alcuni modi di dire sono legati ai giochi, soprattutto a quello delle carte: fare cappotto; perderla marcia; contare quanto il due a briscola; avere l'asso nella manica; risponder picche; mettere le carte in tavola; prendere uno di contropiede; tornare a bomba; far civetta; la paura fa novanta; salvarsi in calcio d'angolo; prendere in contropiede ecc. La parola Dio è quasi sempre usata con valutazione positiva. Soltanto in uno dei numerosi modi di dire in cui compare questa parola essa ha una valutazione piuttosto negativa: per amor di Dio (per amor di Dio nessuno dà niente). Al contrario, la fraseologia con la parola diavolo ci fa vedere che il diavolo non sempre ha una valutazione negativa: povero diavolo; buon diavolo; avere il diavolo dalla sua; avere il diavolo in corpo, anche se attributi come cattiveria, doppiezza, vigliaccheria e anche sensazioni spiacevoli come chiasso e disordine, vengono poi attribuiti al diavolo.





Se parliamo di slang, definire il processo di creazione di gergo non è facile perché questo lessico manca di testi e fonti con un supporto stabile e fisso, ad eccezione di riviste alternative, fumetti, opere letterarie con gergo e, più recentemente, chat o blog, tra nuovi generi discorsivi. Ma di certo è intimamente legato ai cambiamenti sociali.


La recessione, per esempio, ha trasformato la lingua. La crisi sta avendo un enorme impatto sulla società e sul suo uso del linguaggio, facendo parlare le persone di economia in un modo che non era familiare pochi anni fa. Oltre a provocare disoccupazione e violente proteste, infatti, Paese dopo paese, la crisi in Europa ha dato vita anche a un proprio linguaggio, introducendo termini finanziari un tempo esotici nel linguaggio corrente e dando vita ad espressioni gergali che riflettono il cupo senso dell’umorismo dettato dal malcontento generale.

I portoghesi hanno coniato un nuovo termine, "grandolar", sorto a partire dalla crisi dell'euro, che significa "sottomettere un ministro ad una protesta cantando un inno rivoluzionario" (ma ormai, dopo anni di austerity, ogni bambino portoghese può grandolar i suoi stessi genitori se non vuol fare il bagnetto). Le alte sfere del governo spagnolo parlano de los hombres de negro, i men in black riferendosi ai funzionari dell'Unione Europea. E gli italiani, dal canto loro, che hanno imparato a seguire lo spread con la stessa passione riservata al calcio, lanciano neologismi come "spreaddite", definita come l'intensificarsi della sofferenza causata dal margine elevato. I francesi parlano di "perte du tripla A", o la perdita di tripla A (come nella valutazione dei titoli di Stato francesi); "Soppressioni d`emploi" o tagli di posti di lavoro, e "Choc compétitivité", l'impatto della competitività, tutte le misure di risveglio che ha presentato la crisi. 



Diversi termini radicati nella crisi economica sono stati tra i 5.000 vocaboli che sono stati aggiunti alla versione aggiornata del Duden tedesco: "schuldenbremse", letteralmente "freno all'indebitamento", o "Eurobono", un riferimento alla proposta dell'Unione Europea di emettere obbligazioni per coprire il debito dei Paesi che utilizzano l'euro.
La crisi in Europa ha esteso a tal punto che è la definizione di una generazione, che è stato soprannominato il "Ninis" in Spagna, a causa delle legioni di giovani che né studiano né lavorano. O il "Geracao à rascaa" (generazione angosciata), come si dice in Portogallo. 

In Grecia, fra tagli salariali e l'alto tasso di disoccupazione, si parla di "neopthohi" o nuovi poveri, un gioco sulla parola greca per "nuovi ricchi".

L'evoluzione delle lingue è così costante che la Real Academia Española ha elencato duecento parole che sono state introdotte o hanno sviluppato nuovi significati. Tra queste ci sono le “primas de riesgo” (premi di rischio), con una frase di uso comune che ne spiega il significato: “Il premio di rischio del nostro debito sovrano è aumentato di parecchi punti”.
Per aggiornare il dizionario spagnolo, la Real Academia Española, composta da 46 membri, per lo più scrittori, ma anche scienziati, storici, economisti e avvocati, si è affidata ad un sistema di dati computerizzato per misurare la frequenza di milioni di parole utilizzate in televisione, radio e giornali, così come altri scritti. Ha inoltre convenuto cambiamenti con accademie sorelle, per lo più dell'America Latina, per armonizzare l'evoluzione linguistica dello spagnolo in tutto il mondo.

Tra le parole che sono durate abbastanza a lungo da superare la prova c'è "bonus", che non era comunemente usata in spagnolo fino a quando i riflettori si sono spostati sugli afflitti banchieri spagnoli e sul denaro che guadagnavano. C'è anche "burbuja" come la bolla scoppiata nel mercato immobiliare, e "población activa", persone in età lavorativa, che ha cominciato ad essere utilizzato perché una parte considerevole di quella non lavora.

Il Vocabolario della lingua italiana Zingarelli è altro esempio di uno strumento moderno che segue ogni mutamento della lingua attraverso un gruppo di lessicografi che lavorano tutto l'anno all'aggiornamento e registrano le nuove parole secondo l'uso e la frequenza. Una volta l'aggiornamento era fatto ogni cinque, dieci anni e ciò comportava una minore fedeltà ai mutamenti della lingua. Ora ogni anno la redazione aggiunge circa 500 nuove parole o locuzioni, con i relativi significati. È questa un'operazione complessa perché si affida a un giudizio difficile sulla durata di certe parole nel tempo, sulla loro reale importanza e capacità d'interpretare i fenomeni. Bisogna dunque valutare che non si tratti di mode passeggere o di comete effimere. Cittì, Contratto di soggiorno, Ecoturismo, Fumetteria, Pensiero laterale, Quoad, Testamento biologico. Inoltre anche le voci già registrate subiscono aggiornamenti dovuti ai cambiamenti della realtà, che ne cambia l'uso o il significato, ovvero alle scoperte della linguistica, che può retrodatare la nascita d'un termine, ovvero mutare la sua etimologia e aggiungere elementi prima sconosciuti o diversi. Così ogni anno vi sono 20.000 mutazioni, insieme alla soppressione di elementi non più utili perché morti.




Ogni trasformazione sociale e culturale quindi coinvolge inevitabilmente anche la lingua, il cui rapporto con la realtà non è mai neutro né a senso unico. La lingua a volte riflette la realtà, altre la disegna, in certi casi si adegua ai cambiamenti sociali raffigurandoli in modo trasparente e nuovo, in altri li contrasta mettendoli sotto silenzio o continuando a nominarli secondo parametri desueti. Qualche volta concorre alla loro produzione attraverso costruzioni linguistiche che ne anticipano l’avvento. Ma, ogni volta, di sicuro, non resta statica. Perché siamo noi parlanti a fare la lingua in quanto agenti del verbo attivo parlare, mettendo in circolazione parole in un processo continuo secondo regole grammaticali ma non secondo i dizionari, che raccolgono e non normano il lessico. 


domenica 3 aprile 2016

Traduttore combinato? Sì, grazie.

A chi come me se ne va per la vita da residente ovunque a tempo indeterminato, tra altri alfabeti e altri odori, sarà successo di continuo di voler comunicare nella lingua di turno un modo di dire che in quel momento cadrebbe proprio a fagiolo.
Lo slang, le espressioni idiomatiche, le locuzioni e i modi di dire sono risaputamente una gatta da pelare per poliglotti, studenti di lingue straniere, traduttori, viaggiatori, lessicografi e ultimi arrivati nel quartiere.

Un buon interprete deve essere senza dubbio un buon linguista, ma deve anche essere un buon etnografo; non solo deve sapere tutto della lingua dalla quale traduce, ma deve anche conoscere tutto sul popolo che utilizza questa lingua. Sembra dunque un compito che calza come un guanto alla mia situazione. Da un continente all'altro, io vivo tra la gente, entro nelle loro case, rido alle loro battute. Io mi metto nella lingua dell'altro. E sono cosciente che la strada è la migliore scuola di perfezionamento delle lingue, intendo di come davvero si parlano tutti i giorni, di come i più ambiziosi parlanti non madrelingua ambiscono a parlarle.

Infatti, un parlante non madrelingua si riconosce dal suo discorso non-idiomatico. Invece, il dominio della dimensione fraseologica è fondamentale per una comunicazione efficiente ed autentica con i parlanti madrelingua. Ne sono prova la frequenza d'uso delle unità fraseologiche nella comunicazione quotidiana e il fatto di essere il mezzo di comunicazione con cui si ottengono la vera agilità, scioltezza, precisione e naturalità del discorso.
Le espressioni idiomatiche fanno parte della lingua, appartengono al nostro parlare quotidiano e servono a caratterizzare e variegare i nostri discorsi. Non c'è dialogo o situazione comunicativa in cui manchi, in dosi più o meno massicce, il ricorso alle locuzioni fraseologiche. 
A quelle dedicherò ampio spazio in altri post: la loro trattazione investe problemi inerenti la semantica, in particolare il linguaggio traslato e le metafore catacretiche, la sintassi e il lessico, ma anche la cultura che sta alla base della loro genesi, motivandone il significato. 
Per ora, mi limito a sottolineare il fatto che le strutture idiomatiche e le unità fraseologiche in generale non sono un mero aspetto pittoresco della lingua, quanto piuttosto una realtà viva nel sistema linguistico che apporta valori culturali di grande importanza.
E arriviamo al nocciolo della faccenda.

Seppur fondamentali all'economia di una lingua, sono complicate da inserire nei dizionari e da tradurre.
Pure per quanto riguarda la fraseologia, i dizionari non costituiscono quasi mai un valido aiuto per il traduttore. Anche i dizionari monolingue presentano spesso grandi lacune e a volte i dizionari bilingue si limitano a dare solo la traduzione letterale della locuzione o la spiegazione del significato, senza indicare l’equivalenza nella lingua tradotta. A volte ci si trova davanti a quel fenomeno chiamato interdicción de vocabulario; non si registrano, per esempio, le voci che appartengono soprattutto al linguaggio parlato, altre locuzioni sono escluse dai dizionari in base a criteri di pudicizia e vivono solo nelle raccolte di argot, come linguaggio proibito. Lo stesso si può dire delle varianti regionalistiche. 
 
Quindi, considerata la mancanza di repertori bilingue aggiornati con le locuzioni più standardizzate e di uso corrente, il traduttore deve affrontare tali espressioni con i propri mezzi, ovvero la famosa "esperienza", oppure fare ricorso alla tradizione orale o ai lavori parziali degli studiosi.

Le unità fraseologiche rappresentano per gli apprendenti di una lingua straniera una bella rogna anche ai livelli più avanzati di competenza linguistica, proprio per questo dovrebbero essere incluse nell'insegnamento/apprendimento di una lingua straniera.


Personalmente, sono tre lustri che mi imbatto continuamente in modi di dire che mi danno del filo da torcere al momento di interagire con gli autoctoni. Questo accade perché il significato di una locuzione dipende da una convenzione esistente nella comunità idiomatica d’appartenenza e non è possibile tradurla parola per parola in un’altra lingua. L'unico modo di comprendere quelle locuzioni è viverle, usarle e scambiarle, cioè entrare nella comunità idiomatica di turno.
Questa è quella che chiamo un'autentica e approfondita immersione in una lingua e cultura nuove.
E questo è quanto mi ha spinto a creare questo incipit di dizionario fraseologico contrastivo, questa banca di locuzioni, espressioni idiomatiche, modismi, modi proverbiali, frasi fatte, parole curiose, ciascuno con un esempio contestuale nelle tre varianti inglese italiano e spagnolo, in continuo aggiornamento, come lo sono la vita, i viaggi e i cambiamenti sociali. 
 
Transidiomexpress esiste perché lungo la strada ho tante volte pensato di volerne consultare uno. Sarà d'aiuto a molti come me. Vuole essere e mi auguro che diventi un punto di riferimento lessicografico pioniero di consulta nello studio delle equivalenze di traduzione delle unità fraseologiche per la creazione di dizionari fraseologici trilingue, fino ad oggi inesistenti.